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Alberto Jacometti

"Alle otto, quasi tutti (i confinati) sono fuori. Seguiamone uno. Lemme lemme se ne va su per la scala che conduce a via Muraglione. Ogni cinque o dieci passi saluta qualcuno. 'Ciao', 'Salute', 'Salve', 'Buongiorno'. Ogni formula rappresenta un grado di intimità. Se Ú provvisto di spiccioli, entra in una mensa e beve due soldi di caffÚ (amaro verso la fine del mese, verso il principio può darsi che porti in tasca un cartoccio di zucchero). Passa davanti al tabaccaio (in questi ultimi mesi sprovvisto di tabacco, sigarette, cartine e fiammiferi, spesso anche di sale) passa davanti all'ufficio postale, osserva la biblioteca e infila via degli Ulivi. Qui ci sono due caffÚ, due fruttivendoli, alcuni calzolai (confinati), un arrotino (confinato)?Per anni e anni ottocento paia di scarpe battono e ribattono il perimetro della nostra gabbia due o tre volte al giorno. Abbiamo dimenticato di segnalare i limiti: una diecina di volte ci siamo imbattuti in un cartello di legno grezzo con una scritta 'limite di confino' accompagnati, almeno sei da un milite con fucile ad armacollo e cartucciera alla cintura". Alberto Jacometti, Ventotene, Padova, 1974.

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