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Le cisterne romane

Il problema principale che i romani dovettero affrontare, quando posero mano al problema della colonizzazione delle isole Ponziane, fu quello dell'acqua. A fare da fulcro alla rete idrica di Ventotene, isola priva di sorgenti, vennero costruiti due colossali serbatoi: la cisterna di Villa Stefania (o Villa Iacono) che Ú la più alta delle due, mentre la cisterna dei Carcerati (o dei Buoi) Ú invece più vicina alla grande villa. I serbatoi erano collegati tra loro con un acquedotto sotterraneo che, scendendo verso il versante orientale dell'isola, si biforcava. Un ramo raggiungeva cala Rossano, dove si trovava una cisterna utilizzata da Villa Giulia e da cui partiva un acquedotto diretto al porto, il secondo scendeva invece verso la peschiera e tutta l'area che oggi prende il nome di Pozzillo. L'area circostante alle cisterne venne spianata per convogliare la maggior quantità possibile d'acqua verso i serbatoi. Un calcolo indicativo ci dice che, moltiplicando l'area del bacino d'alimentazione per la piovosità media dell'isola (700-600 millimetri annui) ogni anno questa struttura poteva raccogliere tra i 700.000 e gli 800.000 litri d'acqua. Le cisterne possono essere entrambe visitate rivolgendosi al Museo Archeologico di Ventotene. Dopo recenti interventi di restauro, la cisterna dei Carcerati offre al visitatore il suo volto migliore, abbastanza simile a come doveva apparire in epoca romana. Usata per secoli come rifugio - di eremiti, pirati oppure animali - la cisterna deve il suo nome attuale all'uso che ne fecero i Borboni: alloggio per i forzati portati sull'isola per costruire la nuova Ventotene. La cisterna di Villa Stefania Ú stata in parte modificata nell'Ottocento: l'accesso avviene attraverso un arco di quest'epoca e vari ambienti sotterranei vennero utilizzati in passato come lavatoi e cantine. La forma del serbatoio Ú simile a quella della cisterna dei Carcerati. Una serie di gallerie ad angolo retto scavate nella roccia sono separate tra loro da imponenti pilastri di tufo.

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